Fusaro giocoliere

Qualcuno continua a chiedersi che cosa ha detto Gramsci. Anni fa esisteva per questo una collana di volumi dal titolo accattivante: “Che cosa ha veramente detto…”. E certo perdersi nella ridda delle interpretazioni è proprio inutile quando c’è lì, a portata di mano, la risposta. Gramsci è un volontarista erede di Gentile. In tal modo offre  un potente antidoto al pensiero unico. 

Per fortuna che Diego c’è. Altrimenti non avremmo saputo come semplificare e volgarizzare il ruolo del Gramsci filosofo. Rimane sempre da vedere se è questo di Fusaro l’unico Gramsci possibile. Stando a ciò che sostiene Guido Liguori sotto, la lettura proposta non regge al confronto con i testi. Poi si può aggiungere che, per fortuna, Gramsci era anche altro, un dirigente politico, per esempio. E certo l’autore dei Quaderni non era solo un filosofo, era un intellettuale capace di seguire originali percorsi di ricerca sul terreno della realtà empirica e della storia.

UPN9BuJU

Si veda ora http://www.minimaetmoralia.it/wp/che-cosa-abbiamo-fatto-per-meritarci-diego-fusaro/

Guido Liguori

Gramsci ridotto a cantore idealista

il manifesto, 23 aprile 2015

È strano con­sta­tare come alcune leg­gende siano a volte dure a morire, anche nel campo della sto­ria delle idee e del pen­siero poli­tico. È il caso della leg­genda di Gram­sci «gen­ti­liano di sini­stra», ad esem­pio, negli anni Set­tanta soste­nuta dal filo­sofo cattolico-tradizionalista Augu­sto Del Noce nell’ambito di un libro allora abba­stanza noto, inti­to­lato Il sui­ci­dio della rivo­lu­zione. La tesi si rife­ri­sce non solo e non tanto al periodo della for­ma­zione del pen­sa­tore comu­ni­sta – quando tra gli autori che con­du­ce­vano la loro bat­ta­glia di rea­zione al posi­ti­vi­smo, e dun­que al mar­xi­smo deter­mi­ni­sta e fata­li­sta, bat­ta­glia nel cui ambito Gram­sci si formò, vi fu senza dub­bio anche Gio­vanni Gen­tile (insieme a Croce, a Berg­son, ai prag­ma­ti­sti sta­tu­ni­tensi e a molti altri). Per Del Noce era pro­prio il noc­ciolo duro del pen­siero maturo gram­sciano, la filo­so­fia della pra­xis ela­bo­rata e pro­po­sta nei Qua­derni del car­cere, a essere solo una variante del sog­get­ti­vi­smo che Gen­tile aveva sco­perto nelle mar­xiane Tesi su Feuer­bach. Que­sta let­tura, sep­pure decli­nata e riven­di­cata in senso «rivo­lu­zio­na­rio», è ora ripresa da Diego Fusaro in un libro (Anto­nio Gramsci, Fel­tri­nelli, pp. 174, euro 14) che ha l’ambizione di pro­porre alle odierne forze anti­ca­pi­ta­li­sti­che la strada di un pos­si­bile «ripar­tire da Gramsci».

L’atto puro e l’azione

Gen­tile e Gram­sci ven­gono dipinti da Fusaro come «eroi ita­liani, mae­stri della coe­renza e della filo­so­fia come pen­siero vis­suto». Sul piano filo­so­fico, l’operazione del libro – anche mediante un uso com­pul­sivo (ecces­sivo, con­fuso, a volte con­trad­dit­to­rio) dei rimandi alla biblio­gra­fia secon­da­ria e con richiami spesso super­flui a vari espo­nenti della tra­di­zione filo­so­fica, sparsi nei secoli – è quella di dipin­gere un Gram­sci che pro­spetta «una let­tura quin­tes­sen­zial­mente idea­li­stica» di Marx. Come quest’ultimo mai si sarebbe libe­rato della sua for­ma­zione idea­li­stica, così Gram­sci mai si sarebbe libe­rato dell’attualismo gen­ti­liano: egli resta per l’autore sta­bil­mente sul ter­reno attua­li­stico, sarebbe anzi mar­xi­sta pro­prio in quanto attua­li­sta, poi­ché «l’attualismo incor­pora esso stesso il codice mar­xiano, e dun­que non deve essere inteso come oppo­sto a Marx, ma, al con­tra­rio, come da lui deri­vato». Per cui Gram­sci è «allievo di Marx pro­prio per­ché allievo di Gen­tile e ritra­duce nel les­sico mar­xi­sta «i fon­da­menti della dia­let­tica attua­li­stica».

Non serve, per Fusaro, che Gram­sci nei Qua­derni abbia espli­ci­ta­mente richia­mato, come ante­ce­dente della sua inter­pre­ta­zione del Marx delle Tesi su Feuer­bach Anto­nio Labriola e la sua tesi della alte­rità del mar­xi­smo rispetto a ogni altra filo­so­fia; né che Gram­sci abbia evi­den­ziato tutta la dif­fe­renza che corre tra la sua pra­xis e l’atto puro di Gen­tile. Una pre­sunta «let­tura sin­to­male» (povero Althus­ser!) serve all’autore per affer­mare che tutto ciò che Gram­sci scrive con­tro Gen­tile è solo una excu­sa­tio non petita, un ten­ta­tivo mal­de­stro e super­fi­ciale per scrol­larsi di dosso il suo attua­li­smo, che sarebbe però così intimo, così intro­iet­tato, da ren­dere ogni ten­ta­tivo del genere inu­tile. Si cerca così di accan­to­nare le pagine dei Qua­derni in cui Gram­sci pro­nun­cia sul filo­sofo dell’attualismo giu­dizi molto netti: il suo pen­siero, vi si legge ad esem­pio, è una «camuf­fa­tura sofi­stica della “filo­so­fia poli­tica” più nota col nome di oppor­tu­ni­smo ed empi­ri­smo». E Gram­sci marca una pre­cisa distanza tra la pro­pria filo­so­fia della pra­xis e l’attualismo, affer­mando che la prima è «filo­so­fia dell’atto (prassi, svol­gi­mento) ma non dell’atto “puro”, bensì pro­prio dell’atto “impuro”, reale nel senso più pro­fano e mon­dano della parola». Per non par­lare dei richiami gram­sciani all’immanenza labrio­lana e di Machia­velli, o la nota que­stione della tra­du­ci­bi­lità: tutti motivi e aspetti della filo­so­fia della pra­xis gram­sciana che con­fer­mano la non ridu­ci­bi­lità del Gram­sci dei Qua­derni a Gen­tile e al suo attualismo.

Spo­sata la tesi di Gram­sci gen­ti­liano inte­grale, Fusaro arriva di con­se­guenza a imma­gi­nare la «rivo­lu­zione» pro­spet­tata dal comu­ni­sta sardo come essen­zial­mente «cul­tu­rale», con la con­se­guenza che la classe «domi­nata» dovrebbe essere «gui­data dagli intel­let­tuali». Il com­plesso ordito dei Qua­derni, l’importanza della crea­zione di un nuovo ceto di intel­let­tuali orga­nici pro­ve­niente dalla classe dei pro­dut­tori e in grado di favo­rire una vera «riforma intel­let­tuale di massa», va così del tutto perso, viene sem­pli­fi­cato, vol­ga­riz­zato, tra­dotto in for­mule di cui Gram­sci (il Gram­sci reale, non quello imma­gi­na­rio di Fusaro) avrebbe orrore.

Del resto, la tesi dell’asse Gentile-Gramsci è per Fusaro del tutto fun­zio­nale alla sua visione poli­tica. Gram­sci avrebbe rimesso in auge «la lotta nazio­nale con­tro l’internazionalismo della glo­ba­liz­za­zione dei mer­cati e della finanza». Le note pagine gram­sciane che – fin dagli anni gio­va­nili, e poi nei Qua­derni – affer­mano la neces­sità di una lotta che, avendo come fine l’internazionalismo, parta dalla con­creta rico­gni­zione del ter­reno nazio­nale (un inse­gna­mento emi­nen­te­mente leni­ni­sta, tra l’altro, con­dotto a più riprese anche in pole­mica con Rosa Luxem­burg, un’«aquila» non esente da astrat­tezza) viene incre­di­bil­mente tra­dotta in una sorta di nazio­na­li­smo politico-economico, la via che l’autore evi­den­te­mente indi­vi­dua come la strada per opporsi alla glo­ba­liz­za­zione capitalistica.

Derive ros­so­brune

Fusaro del resto, è noto, è fau­tore della caduta di ogni bar­riera tra comu­ni­sti e fasci­sti in nome della comune lotta al sistema capi­ta­li­stico. E anche in que­sto libro ripete la solita lita­nia, soste­nendo come la vec­chia dico­to­mia destra-sinistra debba essere sosti­tuita da una nuova oppo­si­zione, quella tra capi­ta­li­smo e anti­ca­pi­ta­li­smo, senza limiti e stec­cati. Sono opi­nioni che hanno avuto a più riprese qual­che seguito. Ma che nelle file di que­sto par­tito «ros­so­bruno» si possa e si voglia iscri­vere anche Anto­nio Gram­sci – morto tra l’altro a causa della pri­gio­nia in un car­cere fasci­sta – è cosa che desta, più che per­ples­sità, disgusto.

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http://www.lastampa.it/2017/04/27/cultura/avanti-populisti-alla-riscossa-Gp6ZsyaGt5N4nBEfXGIW2M/pagina.html

Stefano Di Bella

Del Noce, Augusto

Dizionario biografico degli italiani, Treccani 2014

… Alla radice filosofica dell’idea di inveramento del marxismo Del Noce incontrò la figura di Giovanni Gentile. Rimasto estraneo all’attualismo negli anni del maggior successo di questa filosofia, Del Noce ne riscoprì il significato storico nel momento della sua massima svalutazione. Centrale per la sua rilettura è la valorizzazione del saggio giovanile su La filosofia di Marx, nel quale Gentile coglierebbe l’originalità filosofica del marxismo come filosofia della prassi, che occorre però portare alla coerenza liberandola dal materialismo. L’attualismo viene quindi letto in questo senso da Del Noce come filosofia della prassi ritrascritta in chiave idealista.

Nel tentativo di questa filosofia di raggiungere la realtà politica si disegna per Del Noce il necessario incontro con Mussolini. E il destino parallelo di attualismo e fascismo è misurato dal comune atteggiamento di ‘solipsismo vissuto’, espresso in un attivismo costretto a usare i valori cui si appella come strumenti per l’azione, e che pertanto finisce con l’avere carattere dissolutivo.

Il ruolo centrale assunto da Gentile nell’interpretazione del pensiero e della storia contemporanei trovò sbocco nel volume postumo Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea (1990), dove Gentile appare come colui che ha cercato di unificare, in chiave di radicale immanentismo, le due linee individuate da Del Noce nella modernità, quella della filosofia classica tedesca culminante in Marx e quella franco-italiana. Lo scacco del suo tentativo investirebbe tutta la visione del moderno come processo verso l’immanenza.

Il parallelismo tra sviluppi ideali e politici era per Del Noce il banco di prova e l’ipotesi-guida dell’interpretazione transpolitica della storia contemporanea, nella quale i fattori ideologici assumono un ruolo chiave. Si tratta di un’interpretazione adeguata alla storia ‘contemporanea’, precisamente perché essa è storia filosofica, in quanto determinata dal fenomeno rivoluzionario, espressione di una filosofia che si fa mondo.

Gentile, Gramsci e il cattolico comunista: il suicidio della rivoluzione

La scoperta del significato filosofico dell’attualismo guidò Del Noce nel confronto serrato con la posizione gramsciana, che conobbe una nuova attualità nei primi anni Settanta. La sua rilettura di Gramsci chiarisce il senso della continuità nella crisi con la quale Del Noce interpretava il rapporto tra fascismo e post-fascismo nel lungo dopoguerra italiano. Il punto più originale e controverso della sua ricostruzione è la riconduzione della riforma gramsciana del marxismo all’influsso della cultura idealista italiana, e in particolare dell’attualismo gentiliano. Mentre Gramsci pensava di ritrovare il marxismo attraverso la ritrascrizione dello storicismo idealistico di Croce in termini di filosofia della prassi, per Del Noce in realtà avrebbe ritrovato lo sfondo gentiliano. Di qui il suo allontanarsi dal materialismo storico per la preminenza data al momento ‘sovrastrutturale’, e ultimamente la sostituzione dell’opposizione moderno/reazionario a quella borghesia/proletariato, nonché l’interpretazione della riforma intellettuale e morale come estensione alle masse della concezione secolarista e immanentista della vita. Secondo Del Noce però in questo modo l’intento rivoluzionario si subordina alla borghesia laicista, operando quel ‘suicidio della rivoluzione’ che dà il titolo alla sua opera del 1978.

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7 pensieri su “Fusaro giocoliere

  1. linguaggio esopico, certo. Sono assai rari secondo me gli interpreti che non si limitano a una parafrasi o una ennesima sistemazione, ma si rivelano davvero capaci di esplorare percorsi efficaci di lettura aprendo la via a ulteriori sviluppi o a interessanti revisioni. Fraternità

  2. Antonio Gramsci dal momento che dedicò la sua esistenza alla politica , secondo me , ruppe con la filosofia (anche se ovviamente Antonio è un grande !) . Il marxismo così come è non-è una filosofia, a dirlo a chiare lettere sono i testi di Marx e Lenin. La costruzione del partito comunista in cui Gramsci era impegnato non prevede una filosofia. Sia detto fra parentesi che se proprio vogliamo tirare Antonio per la giacca filosofica mi sembra più argomentata la tesi di Lo Piparo che vede una suggestione gramsciana in Wittgenstein (tramite legame con Sraffa) comunque non viceversa … ☺ . Saluti fraterni.

    1. Grazie per il commento assai acuto e brillante, a mio parere. A voler chiudere il marxismo dentro l’orizzonte della filosofia si rende un cattivo servizio a Marx prima di tutto. Altra cosa sono i valori e la saggezza che accompagnano l’impresa conoscitiva o la pratica sul campo. Mi ispiravo a considerazioni simili scrivendo nel breve testo introduttivo al post: “si può aggiungere che, per fortuna, Gramsci era anche altro, un dirigente politico, per esempio. E certo l’autore dei Quaderni non era solo un filosofo, era un intellettuale capace di scoprire originali percorsi di ricerca sul terreno della realtà empirica e della storia.” Saluti fraterni, giovanni carpinelli

      1. Solo una aggiunta : Vacca che ha pubblicato nel 2011 una ricerca su vita e pensiero di Antonio Gramsci fa addirittura (ma Vacca è direttore dell’Istituto Gramsci) la ipotesi che l’intera opera gramsciana sarebbe scritta in linguaggio cifrato (linguaggio esopico) per fare arrivare in Urss il suo pensiero politico. Che dire. Gramsci sembra circondato da interpreti che lo utilizzano per supportare alcune tesi non ancora chiare se non per cercare magari un mercato editoriale. Il che non è sbagliato perché fa conoscere almeno il più acuto pensatore del Novecento italiano. Saluti fraterni ☺.

      2. Questo scambio mi ha fatto sorridere visto che l’analisi del Marxismo come “non-filosofia” fu precisamente coniata e sviluppata da Del Noce, e diede il titolo di un celebre saggio del 1946 poi ripubblicato in “Il problema dell’ateismo.”

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