Antonio Gramsci junior parla di suo nonno

Stalin contro Gramsci
Antonio jr nipote del fondatore del Pci: «Il no dell’Urss all’espatrio di mio nonno»
«Otto anni fa in un baule ho trovato le lettere di Tatiana scritte negli ultimi anni della vita del prigioniero. Missive che chiariscono molto sulla mia famiglia e sui rapporti con Togliatti
Il Quaderno rubato? Un’idea infondata»

intervista di Bruno Gravagnuolo

l’Unità, 1 maggio 2014

foto_417794_0x0

PIÙ DI DIECI ANNI FA L’AMICO SCOMPARSO ADRIANO GUERRA CI CHIAMA: «VIENI A PRANZO TI PRESENTO ANTONIO GRAMSCI». Scherzo di ononimia… E invece in trattoria al Portuense, con lo storico ed ex corrispondente de l’Unità da Mosca e la moglie Maresa, c’era un vero Antonio Gramsci, nipote russo del fondatore del nostro giornale. Ne nacque un’amicizia e poi un libro de l’Unità: La Russia di mio nonno. Seguito da I miei nonni nella rivoluzione (Il riformista) e oggi da La storia di una famiglia rivoluzionaria. Antonio Gramsci e gli Schucht tra la Russia e l’Italia (Editori Riuniti, university press, pr. di Raul Mordenti, pp.234, Euro 18,90). Grande album familiare, che si accresce via via di documenti, tratti da un «baule» che Antonio (figlio di Giuliano secondogenito di Gramsci) musicista e biologo a Mosca, ha aperto alla Fondazione Istituto Gramsci. Gli Schucht sono la dinastia materna di Antonio Jr, col capostipite Apollon, padre di Giulia moglie di Gramsci, l’ufficiale zarista rivoluzionario e amico di Lenin. Una saga che Antonio Jr – 49 anni due figli (Tarquinio e Galatea) – ha «riconquistato », per conoscere quel nonno mitico. Lo incontriamo nella sede del Gramsci (è in Italia per presentare il libro e oggi alle 11 sarà in via di Val Melaina a Roma, al concerto con Giovanna Marini e la Scuola di musica popolare di Testaccio).
Quella sulla famiglia Schucht è un’Opera che cresce a strati. Quali sorprese hai inserito in questa ulteriore edizione?
«Ad esempio le lettere di Giuliano e Delio in risposta al padre, connettendole con quelle di Gramsci. Vi si parla di Checov, Gorkij, Tolstoj e di Wells, de L’uomo invisibile che piaceva a Delio, ma non troppo a Gramsci. Poi ho scoperto una lettera di Delio a Stalin del 1947: voleva pubblicare una biografia di Stalin con i soldi del premio Viareggio vinto con le Lettere dal carcere…»
Delio era un vero bolscevico, mentre tuo padre era un artista e basta. Come mai tanto diversi?
«Giuliano era apolitico, privo di passione militante. Da biologo direi che geneticamente erano diversi, ma la differenza nasce nel clima familiare. Delio, primogenito subisce l’influenza bolscevica della zia Eugenia che lo ha “adottato”, riversando su di lui l’antica passione frustrata per Antonio. Mio padre Giuliano, sul quale c’erano meno aspettative, viveva nel suo mondo interiore. Divenne musicista e subì l’influsso della madre Giulia, musicista anche lei. Delio era ufficiale di marina, si sentiva “tutto sovietico”, non approvò la scelta “piccolo borghese” di Giuliano e si dedicò anche alla balistica della controaerea siriana nella guerra contro Israele del 1967…».
Una famiglia, quella Schucht-Gramsci, che viveva protetta e al sicuro nell’’Urss. Dove però il “caso Gramsci”, restava un problema…
«Il nome di Gramsci era un grande scudo ideologico. E poi c’era Togliatti, che al contrario di tante chiacchiere, ebbe un ruolo positivo. Nel proteggere e assistere Antonio in carcere, e la famiglia a Mosca. Ma su Gramsci e l’Urss ci sono dei punti da chiarire. Ad esempio, il ritorno in Urss del prigioniero – che egli stesso ipotizzava – non era un fatto scontato. Nel 1937, alla vigilia della morte, si intensificano le visite alla Quisisana di Roma di agenti sovietici in veste di funzionari dell’ambasciata. Gli chiedevano informazioni sui trotzkisti italiani. Volevano capire le sue posizioni e intimidirlo. Ricordandogli i sospetti di trotzkismo che gravavano su di lui dal 1926 e dal 1930. Volevano dissuaderlo dal trasferirsi in Urss. Meglio malato in Italia che a Mosca. Lo apprendiamo da una protesta di Tatiana scovata da Silvio Pons negli archivi sovietici…».
Togliatti pensava di proteggere Gramsci anche da sé stesso?
«Direi di sì, dal suo punto di vista. Non rese pubblica la sua lettera di dissenso del 1926 al Comintern, facendola vedere a Bucharin e informandone Stalin. Ma cercando di ammorbidire i contrasti con il Comintern. Gramsci non accetta questo metodo e reagisce con veemenza. Di qui anche i contrasti successivi e il sospetto di un complotto contro di lui: l’idea di Antonio che lo si volesse tradire, o tenere in prigione. Idea infondata, come quella di un Quaderno rubato. Perché Togliatti al massimo voleva avvolgere Gramsci in una bolla protettiva, e proteggere la sua famiglia a Mosca. Cosa che fece sempre da lontano e da vicino».
In ballo c’era il lascito teorico di Gramsci, rivendicato da Eugenia con le sorelle. Meglio se ne sia impossessato Ercoli?
«Togliatti portò i Quaderni ad Ufa in Baskiria, dopo la querelle che lo accusava di tradimento e sequestro dei materiali. E fece bene ad agire così. Se il lascito gramsciano fosse stato affidato al Comintern, come voleva la zia Eugenia, chissà che fine avrebbero fatto quelle carte…»
E ora parliamo di te. Come e quando hai riscoperto le tue radici? Già al tempo dell’Urss?
«Nell’Urss si parlava molto di Togliatti. Gramsci era solo un martire del fascismo e un filosofo italiano. Allora ero molto lontano da queste cose e avevo nozioni vaghe su mio nonno. Non capivo l’italiano ed esistevano solo antologie di Gramsci. Mi occupavo di scienze e musica. L’interesse scatta con la fine dell’Urss. Quel crollo determinò in me un trauma, che ho cercato di elaborare con la riscoperta delle mie radici familiari. Avevo 26 anni, ma quella catastrofe – tale per me e altri milioni di persone – fu la vera scossa psicologica in tal senso…».
Ne parlasti con tuo padre Giuliano?
«Sì, e ne fu lieto, anche se si mostrava lontano da certi ricordi, e tra noi culturalmente c’era un rapporto tra musicisti. Mio padre sapeva poco di Gramsci. Ne aveva notizie vaghe e indirette, forse aveva rimosso tutto. Però mi incoraggiava, con discrezione…»
Impari l’italiano e arrivi a scoprire un baule, è così?
«Il baule di legno l’ho scoperto in realtà otto anni fa: conteneva lettere e documenti. Lo aveva portato in casa Tatiana nel 1938 quando tornò a Mosca, con altre casse. Ora è in casa mia, e troneggia nella mia stanza come un cimelio. Quasi tutto è stato già letto e classificato. A parte alcuni documenti in francese, copiati e consegnati alla Fondazione Gramsci, che ha già visto l’intero fondo. Il contributo più importante è stato il pacco di lettere di Tatiana scritte negli ultimi anni della vita del prigioniero, che ormai hanno chiarito molte cose sull’intrico di rapporti tra Tatiana, Giulia, Sraffa, Togliatti, e la famiglia Schucht».
Nel tuo libro però, malgrado l’ammirazione, c’è anche una forte critica a tuo nonno: non capiva granché di musica. Ce lo spieghi meglio?
«Nel capitolo dedicato a Giulia sostengo che non esiste “l’universalità della musica” di cui parlava Gramsci. Da musicista penso che la musica sia un insieme di suoni e linguaggi poco legati reciprocamente, che si apprendono con molta difficoltà. È un amalgama costruito, tra varie culture. Gramsci invece ha un’idea intuitiva e sentimentale della musica. Poi c’era un abisso tra i gusti di Giulia e quelli di Antonio. Lei amava la musica barocca: Bach, Vivaldi. Gramsci l’opera lirica e l’operetta. Prediligeva il tratto popolare e di massa della musica.

Antonio Gramsci junior a Torino nel gennaio 2012

407879_334569003242847_2097201760_n

397172_334569046576176_1720934573_n

432085_334570249909389_130667436_n

432085_334570249909389_130667436_n

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gramsci a un certo punto sembra aver capito l’importanza che poteva avere la musica per Giulia. Ecco come si esprime su questo in una lettera dei primi anni Trenta.

28 marzo 1932

Cara Iulca,

ho ricevuto a suo tempo la tua lettera del gennaio e qualche giorno fa quella del 16 marzo. Non ti ho scritto prima, perché, come ho già accennato altra volta, sento un certo imbarazzo, un certo ritegno nel cercare di mettermi in comunicazione con te. A suscitare questo stato d’animo sono stati vari elementi; è possibile che uno dei più importanti sia la speciale psicologia che nasce durante una lunga carcerazione e un lungo isolamento da ogni forma di società congeniale al proprio temperamento, ma è certo che anche due altri elementi predominano: 1° il timore di nuocerti, interferendo maldestramente nel tuo metodo di cura; 2° la coscienza che io stesso ho di essere, in questi anni, diventato più «libresco», di assumere talvolta un tono predicatorio e da maestro elementare, che fa ridere me stesso di me stesso con la conseguenza spiacevole che tale autocritica mi pare trascinarmi a dire delle sciocchezze. Ciò significa che mi accorgo di un certo marasma e mi sento raffrenato. – Del resto, dalle tue lettere appare che alcune mie osservazioni sono andate oltre il segno e hanno avuto «troppo successo», cioè un effetto deleterio. Tu insisti troppo nel ricordare le mie osservazioni a proposito della tua personalità non ancora sviluppata, della necessità per te di dipanare il tuo vero essere ecc. Certo tu hai preso alla lettera le mie osservazioni e non le hai collocate nella loro sfera appropriata. Un elemento che certo ti è sfuggito è come io spesso abbia insistito per indurti a dedicare una parte del tuo tempo alla musica (credo che ti abbia impressionato male il fatto che una volta io o sia andato via o abbia fatto mostra in qualche modo di non poter sopportare la musica: e certo quella certa volta io soffrivo realmente, ma ero in condizioni nervose deplorevoli e la musica mi limava i nervi in modo da farmi venire le convulsioni). Io ho sempre creduto che la tua personalità si è in gran parte sviluppata intorno all’attività artistica e che abbia subito come un’amputazione per l’indirizzo meramente pratico e di interessi immediati che tu hai dato alla tua vita. Direi che nella tua vita c’è stato un errore «metafisico», con conseguenze di disarmonie e squilibri psico-fisici. […]

Salva

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.